Ho incontrato la musica di Keith Jarrett, quasi per caso, nel 1995. Il primo disco che ho ascoltato e’ stato The Paris Concert, non riesco ad esprimere le sensazioni che ho provato ascoltandolo. Uno dei pezzi si chiama The Wind del grande pianista Russ Freeman (1926 -2002) e fu registrato per la prima volta negli anni 50 da Chet Baker e Freeman stesso. Forse davvero il vento di questo disco ha soffiato e spinto Jarrett a livelli mai ascoltati prima nella formula del concerto in solo completamente improvvisato. Adesso conosco bene l’opera di Jarrett, ho praticamente tutta la sua discografia ufficiale e non, ho ascoltato tanto Jarrett a volte per giorni interi, ma quello che si sente in questo disco e’ incredibile. Atmosfere classiche nel pezzo di apertura October 17, 1988, non ci sono dubbi Jarrett e’ influenzato da Bach in questi 37 minuti di esplorazioni nel cuore della musica, molto probabilmente approfondiva lo studio del clavicembalo ben temperato che avrebbe registrato per la ECM qualche anno dopo. Una fuga improvvisata, impeccabile , toccante che arriva al centro del pezzo introduttivo con un pedale che destruttura la fuga per ricomporla con pazienza nei minuti successivi aumentando sempre di piu’ l’intensita’ ritmica ed il coinvolgimento degli spettatori. Questa sezione centrale e’ difficile, difficile da capire, eppure colpisce, per il dolore che traspare da quelle note, a volte devo interropere l’ascolto perche’ la tensione che Mr Jarrett crea e’ troppo ardua da sopportare. Un inno ecco, questo disco sembra un grande inno alla musica e’ difficile credere che questo disco sia improvvisato e’ tutto talmente bello, naturale, ispirato, corale. Jarrett stesso con le sue classiche “esternazioni” vocali accompagna i pezzi piu’ significativi di questo disco. Il secondo pezzo e’ appunto The Wind, una ballad struggente. Le armonie che Jarrett regala al pezzo sono fedeli alla composizione originale, ma cosi’ ricche e liriche da impazzire per la bellezza, credo che R. Freeman sarebbe stupito da come Jarrett abbia colto l’essenza del pezzo. Il disco termina con un blues che e’ meno intenso dei due pezzi precedenti (ovviamente, non oso immaginare l’energia emotiva che Jarrett ha dovuto usare per la performance), ma sempre estremamente godibile. Ogni volta che ascolto questo disco scopro nuovi dettagli , li collego tra loro, ricordo ascolti passati e rimango sempre stupito dalla bellezza pura di queste note e dall’intelligenza musicale che le guida.
Trascrizione di The Wind from Paris Concert
“Lo scopo non è quello di controllare quello che fai con la testa. Non devi mai pensare << Bene, adesso farò questo o quello>>, nè chiederti come andare avanti. Tu sei cosciente della musica e del pubblico, ma quello che più importa è dimenticare tutto e lasciarsi andare liberamente. Se io smetto di pensare e vado in plcoscenico, con la giusta disposizione d’animo, in quel momento smetto di essere una macchina e divento uno che riceve.” (Keith Jarrett)